Coquillettidia (Coquillettidia) richiardii (Ficalbi,1889)

In Italia la specie viene indicata come rara e poco importante da un punto di vista sanitario. In situazioni favorevoli può andare incontro ad ingenti infestazioni di numerosi individui che si spostano sulle zone abitate limitrofe.

Classificazione

La specie fu descritta per la prima volta da Ficalbi nel 1889 (Keith S., 2001) come Culex richiardii e poi riclassificata nel genere Taeniorhynchus. Nel 1959 Stone, Knight e Starcke fanno ricadere questi stessi quattro sottogeneri nel genere Mansonia. Ronderos e Bachmann, nel 1963 e poi Stone nel 1967, costituiscono i generi Mansonia e Coquillettidia.
Le larve presentano un caratteristico sifone piegato ad uncino e dotato di denti adatti alla perforazione dei tessuti vegetali.

Larve di Coquilletidia in vivo attaccate alle radiciSifone larvale di CoquilletidiaVarie fasi di crescita larvale

Dove vivo

La C. richiardii è una specie tipica delle zone umide naturali: le proprie larve si attaccano infatti ai fusti di piante acquatiche (cannuccia, tifa) per lo svolgimento dei processi respiratori. A causa di questo stretto legame con la vegetazione, la zanzara non è in grado di svilupparsi nei focolai tipici delle specie urbane (canali privi di vegetazione e caditoie stradali). Si tratta di una specie univoltina (che compie un solo ciclo di sviluppo annuale), e sverna allo stadio preimmaginale in ambienti ricchi di vegetazione palustre costantemente allagata.
Nella pianura della Versilia sono presenti diverse situazioni favorevoli alla Coquillettidia ma certamente il focolaio di maggior importanza per le aree ricadenti all’interno dei Comuni di Pietrasanta, Seravezza, Montignoso e Forte dei Marmi è quello del Lago di Porta.

Focolaio larvale in area umida costantemente allagataFocolaio larvale in area umida in periodo vegetativoFragmiteto tagliato di recente

Comportamento

In situazioni localizzate e in caso di squilibri ecologici delle aree umide, si possono rilevare densità larvali elevate che sfociano in emergenze di rilievo, anche per i centri urbani: sfruttando i venti favorevoli, infatti, gli adulti si spostano con contingenti numerosi, talora anche per molti chilometri (almeno fino a 15 km).
I tradizionali metodi di lotta utilizzati in ambito urbano contro le forme larvali, non sono praticamente efficaci; in questo caso sono infatti necessarie conoscenze specifiche delle aree umide di riproduzione per studiare interventi mirati. La specie si inserisce comunque anche in biocenosi stabili, dividendo gli spazi vitali con altre specie acquatiche, anche antagoniste; le larve rimangono attaccate alle piante acquatiche e, sfruttando il loro mimetismo, sfuggono anche ai più comuni predatori acquatici.
Gli adulti sono reperibili di giorno facilmente sia in spazi aperti come le aree boscate e le siepi che nei ricoveri degli animali da corte, nelle stalle e nelle abitazioni rurali. Le alate si introducono in questi spazi chiusi alla ricerca del pasto di sangue e, in seguito, per sostare tranquillamente durante la maturazione delle uova. L’attività ectoparassitaria della specie ricade preferibilmente sui mammiferi, tra cui l’uomo, ma può essere praticata anche nei confronti degli uccelli e degli anfibi, molto frequenti nelle zone umide.
Le femmine adulte, mostrando anche una discreta endofilia, sono particolarmente attive dopo il tramonto per tutta la durata del crepuscolo e al mattino all’alba. La prima deposizione delle uova può avvenire anche in assenza del pasto di sangue, ma con una riduzione nella produzione pari al 50%.

Epidemiologia

La C. richiardii è dotata di scarso interesse dal punto di vista sanitario e sembra scarsamente efficiente come vettore, pur essendo nota la capacità di trasmissione di virus come il West Nile.










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